A Parigi, nel corso dei festeggiamenti successivi alla vittoria sui saraceni, i baroni riuniti presentano e promettono all'Imperatore i servigi dei propri figli. Così Milone per Orlando, Ottone per Astolfo, e, quando è il suo turno, Amone per i suoi cinque figli, inclusa Bradamante che fin da bambina mostrava grande predisposizione per le armi.
E' a questo punto che il magonzese Ginamo di Bajona lancia la sua accusa infamante: i figli di Amone sarebbero in realtà figli suoi, da sempre amante segreto di Beatrice! Per provare quanto affermato egli mostra di possedere l'anello nuziale di Beatrice sostenendo essergli stato donato dalla stessa in pegno d'amore. Carlo, a questo punto, è costretto a sedare gli animi e per risolvere la questione ordina che Beatrice venga a Parigi a prestare giuramento. E' il padre, Namo, a recarsi in Ardenna, ad accompagnare i nipoti per affidarli nel frattempo alla zia, moglie di Ottone, e regina di Inghilterra (tutti, tranne Rinaldo, che, già mostrando un carattere fiero e ardimentoso, reputano più opportuno portare con sé) e far ritorno a Parigi.
Qui sia Beatrice che Ginamo, dinanzi al vescovo, giurano entrambi la propria “verità” e anche se è a tutti evidente la sincerità di Beatrice, ciò nondimeno nel cuore di Amone resta l'ombra del dubbio. Beatrice, infine, torna in Ardenna col padre e con Rinaldo che, insofferente di restar chiuso in collegio a Parigi, ne fugge e si riunisce alla madre.
In Africa, intanto, la sconfitta brucia amaramente.
E' Almonte (figlio di Agolante) a proporsi al padre al fine di marciare contro i Cristiani e vendicare la morte dello zio Guarniere. Agolante, sentito il saggio re Subrino, lo invia (celato in vesti da mercante) a spiare la consistenza delle forze nemiche in Italia e in Francia. Al suo ritorno, nonostante che Subrino sconsigli l'impresa decantando la forza di Carlo e dei suoi uomini (soprattutto di Ruggiero di Risa che ha riincontrato e riconosciuto come colui che da solo ha liberato Milone a Biserta), Almonte ottiene il permesso di attaccare, iniziando proprio con l'assediare Risa, portando con sé un forte esercito e la sorella Galiacella, prode guerriera che però va segretamente invaghendosi di Ruggiero al racconto delle sue gesta e della sua bellezza.
Lasciato l'altro figlio, Troiano, a protezione di Biserta, anche Agolante, con un immenso stuolo di soldati, si muove al seguito di Almonte.
Almonte, dunque, assedia Risa, e manda un messo per sfidare Ruggiero. Questi lo affronta in duello, lo disarciona più volte e magnanimamente lo lascia comunque libero. Nonostante di lui invaghita, a questo punto Galiacella è in dovere di sfidare Ruggiero e questi, seppur riluttante a confrontarsi con una donzella, è costretto al duello. Galiacella, pur valorosa, è vinta da Ruggiero e infine gli dichiara la propria passione. Anche Ruggiero, mirando il bel volto dell'africana, ne resta affascinato e la conduce con sé in città dove la donzella si converte al Cristianesimo.
Alla mano di Galiacella, però, aspira anche Beltramo, il vile fratello maggiore di Ruggiero. La scelta dell'africana, però, ne frustra la passione. Ruggiero e Galiacella, dunque, si sposano. La donna è già gravida un giorno in cui, approfittando dell'assenza di Ruggiero, Beltramo cerca di sedurla, financo con la forza. E' dopo questo episodio che Beltramo ordisce l'atroce tradimento. Si reca al campo di Almonte e accusando falsamente padre e fratello di volergli usurpare il diritto al regno che in quanto primogenito gli spetta, lo esorta a prendere la città di notte, aprendogli egli stesso le porte.
L'unico re africano che rifiuta di partecipare a una sì vile azione è Salatiello.
Risa, dunque, cade. Ruggiero, il fratello minore Milonetto e lo stesso Rampaldo (che morendo lo maledice) vengono uccisi dalle frecce del traditore Beltramo e Galiacella è fatta prigioniera.
Al campo di Almonte, infine, Galiacella svela la vera ragione del tradimento di Beltramo e Almonte, che giura alla sorella che, se avesse saputo la verità, non avrebbe mai ucciso Ruggiero, ordina la più atroce esecuzione del traditore.
Galiacella, imbarcata su una nave dal fratello, preferisce uccidere l'intero equipaggio e abbandonarsi alla corrente anzicchè tornare a Biserta coperta di disonore. Naufraga su una spiaggia sconosciuta dove, appena partoriti due gemelli, muore.
Qui entra in scena il mago Atlante. Edotto degli avvenimenti per via soprannaturale, si reca presso i neonati e li porta con sé. Affida la femmina al Re Miriante di Persia, che la battezza all'uso pagano col nome di Marfisa. Tiene con sé, con l'aiuto di una balia, il gemello maschio che chiama Ruggiero (sarà noto come Ruggiero dell'aquila).
La “Storia dei Paladini di Francia”, scritta e pubblicata da Giusto Lo Dico (un maestro elementare) a metà dell'Ottocento, divenne ben presto, e resta tuttora, la “Bibbia dei pupari”; il libro (la chiamavano anche soltanto così: “il libro”) che sistematizzava e metteva nero su bianco quello che fino ad allora era stato affidato esclusivamente alla tradizione orale dei cantastorie (più propriamente “cuntastorie” o “cuntisti”, persone, artisti a volte addirittura analfabeti!, che senza alcun ausilio scenico, sapevano raccontare le loro storie affascinando le piazze di paesi e città).
Nella “Storia” sono narrate le complicate, tortuose vicende che costituiscono il copione della più nota, amata e caratteristica rappresentazione dell'Opera dei pupi siciliani, quelle, per intenderci dei vari Orlando, Rinaldo, Angelica, Ruggiero e compagnia bella. D'altronde, il “pupo siciliano” si identifica col “paladino”.
È un’opera assai ponderosa (circa tremila pagine!) che inizia con la nascita e le primissime gesta di Carlo Magno e termina con la disfatta di Roncisvalle.
Fino agli anni '30-'40 i pupari la rappresentavano, sera dopo sera, nell'arco di un intero anno e il pubblico (un pubblico per lo più costituito dagli strati più poveri della popolazione) la seguiva con straordinaria, passionale partecipazione.
Oggi tutto questo è finito.
I pochi teatri ancora attivi inscenano spettacoli per un pubblico occasionale, per lo più turisti e scolaresche, sulla base di sceneggiature necessariamente adattate alla rappresentazione di un singolo, unico episodio.
A chi fosse curioso di saperne di più, o addirittura di conoscere “tutta” la storia, non resta che procurarsi (non senza qualche difficoltà) e leggere l'opera del Lo Dico.
È quello che sto facendo (introvabili o costosissime le edizioni antiche, ho acquistato i 13 volumi delle edizioni Clio a cura di Felice Cammarata).
Va detto, per sincerità, che la lettura della “Storia” è piuttosto faticosa.
Lo stile e il linguaggio sono ovviamente antiquati. I contenuti, specie per quanto attiene alle battaglie e ai duelli, risultano spesso ripetitivi. L’intrecciarsi delle vicende, la moltitudine impressionante di nomi, luoghi e personaggi, ne rendono difficile la memorizzazione sicché un lettore che voglia essere attento è più volte costretto a tornare indietro o almeno a ricercare nelle pagine precedenti gli elementi che gli consentano di riannodare i fili del discorso.
Un altro elemento caratterizzante la “Storia” è definibile in termini di “ingenuità”. Ne sono esempi lampanti la dimensione iperbolica (un eroe può affrontare e sconfiggere, da solo, centinaia di nemici), e quella soprannaturale (maghi e incantesimi intervengono di continuo). Di storia, nel vero senso della parola, ne resta dunque ben poca, e non è quindi azzardato assimilarla a una fiaba ipertrofica.
Ancora oggi, l'atteggiamento necessario per assistere e godere una rappresentazione dell’Opera dei Pupi è paragonabile a quello di un bambino, lasciandosi andare, cioè, a una regressione in cui, almeno per un’ora, ci si consenta la meraviglia di un’immersione nel fantastico.
Se quanto detto è vero, nel bene e nel male, non c’è da stupirsi se nel terzo millennio la “Storia” scivolerà definitivamente nell’oblio. Chi la leggerà più? Chi la racconterà? Resisteranno, se va bene, quei pochi frammenti che le sparute, singole compagnie continueranno a mettere in scena ripetitivamente per il pubblico dei turisti occasionali.
Nello spirito che anima questo blog (salvare quanto più è possibile il salvabile) mi son detto che forse varrebbe la pena provare a riassumerla, questa “Storia”. Un’impresa titanica, lo so, e di cui io per primo devo dubitare: per quanto riuscirò ad andare avanti? E cosa ne verrà fuori? Servirà? E a cosa?
Troppe domande… meglio cominciare subito!
Avvertenza: l'impaginazione automatica dei post è tale per cui, nell'ordine, troverete prima l'ultimo pubblicato e via via i precedenti. Numero i post in modo da facilitarne la lettura sequenziale
Nella “Storia” sono narrate le complicate, tortuose vicende che costituiscono il copione della più nota, amata e caratteristica rappresentazione dell'Opera dei pupi siciliani, quelle, per intenderci dei vari Orlando, Rinaldo, Angelica, Ruggiero e compagnia bella. D'altronde, il “pupo siciliano” si identifica col “paladino”.
È un’opera assai ponderosa (circa tremila pagine!) che inizia con la nascita e le primissime gesta di Carlo Magno e termina con la disfatta di Roncisvalle.
Fino agli anni '30-'40 i pupari la rappresentavano, sera dopo sera, nell'arco di un intero anno e il pubblico (un pubblico per lo più costituito dagli strati più poveri della popolazione) la seguiva con straordinaria, passionale partecipazione.
Oggi tutto questo è finito.
I pochi teatri ancora attivi inscenano spettacoli per un pubblico occasionale, per lo più turisti e scolaresche, sulla base di sceneggiature necessariamente adattate alla rappresentazione di un singolo, unico episodio.
A chi fosse curioso di saperne di più, o addirittura di conoscere “tutta” la storia, non resta che procurarsi (non senza qualche difficoltà) e leggere l'opera del Lo Dico.
È quello che sto facendo (introvabili o costosissime le edizioni antiche, ho acquistato i 13 volumi delle edizioni Clio a cura di Felice Cammarata).
Va detto, per sincerità, che la lettura della “Storia” è piuttosto faticosa.
Lo stile e il linguaggio sono ovviamente antiquati. I contenuti, specie per quanto attiene alle battaglie e ai duelli, risultano spesso ripetitivi. L’intrecciarsi delle vicende, la moltitudine impressionante di nomi, luoghi e personaggi, ne rendono difficile la memorizzazione sicché un lettore che voglia essere attento è più volte costretto a tornare indietro o almeno a ricercare nelle pagine precedenti gli elementi che gli consentano di riannodare i fili del discorso.
Un altro elemento caratterizzante la “Storia” è definibile in termini di “ingenuità”. Ne sono esempi lampanti la dimensione iperbolica (un eroe può affrontare e sconfiggere, da solo, centinaia di nemici), e quella soprannaturale (maghi e incantesimi intervengono di continuo). Di storia, nel vero senso della parola, ne resta dunque ben poca, e non è quindi azzardato assimilarla a una fiaba ipertrofica.
Ancora oggi, l'atteggiamento necessario per assistere e godere una rappresentazione dell’Opera dei Pupi è paragonabile a quello di un bambino, lasciandosi andare, cioè, a una regressione in cui, almeno per un’ora, ci si consenta la meraviglia di un’immersione nel fantastico.
Se quanto detto è vero, nel bene e nel male, non c’è da stupirsi se nel terzo millennio la “Storia” scivolerà definitivamente nell’oblio. Chi la leggerà più? Chi la racconterà? Resisteranno, se va bene, quei pochi frammenti che le sparute, singole compagnie continueranno a mettere in scena ripetitivamente per il pubblico dei turisti occasionali.
Nello spirito che anima questo blog (salvare quanto più è possibile il salvabile) mi son detto che forse varrebbe la pena provare a riassumerla, questa “Storia”. Un’impresa titanica, lo so, e di cui io per primo devo dubitare: per quanto riuscirò ad andare avanti? E cosa ne verrà fuori? Servirà? E a cosa?
Troppe domande… meglio cominciare subito!
Avvertenza: l'impaginazione automatica dei post è tale per cui, nell'ordine, troverete prima l'ultimo pubblicato e via via i precedenti. Numero i post in modo da facilitarne la lettura sequenziale
domenica 29 marzo 2009
giovedì 26 febbraio 2009
5 - Altre vicende di Milone e prime imprese di Orlandino
A Risa Milone addestra i figli di Rampaldo, e capisce appieno la terribile forza di Ruggiero e la viltà di Beltramo che, essendo il primogenito, è destinato a succedere al padre. Un giorno, per bocca di un musicante reduce dall’Africa, Milone viene a sapere che laggiù l’imperatore di Libia Agolante sta arruolando guerrieri per muovere contro il ribelle Re Salatiello. Voglioso di farsi onore, Milone si imbarca per l’Africa e giunto a Biserta si presenta col nome di “Sventura” al gran generale Balante, uomo magnanimo e di gran valore. Questi lo arruola dicendo: “fra noi si ama il valore, e poco si guarda se sia greco, turco, moro o cristiano, ma qualsia più valooroso sarà con ragione più onorato”.
Nello scontro fra i due eserciti, Milone dà prove impressionanti del suo valore e il Re Salatiello, vinto, giura obbedienza ad Agolante.
Agolante decide allora di espandere ulteriormente il suo regno; arma un ancor più potente esercito e marcia sull’Asia sconfiggendo il Re di Persia Soldano mentre i suoi figli, Troiano ed Almonte, assalgono la Turchia e l’Assiria. Infine, riuniti gli eserciti, conquistano Tartaria.
La fama e l’onore di Milone (sempre nominato “Sventura”) volano oltre ogni misura ma egli, memore dell’infelice Berta e dell’esilio, non può che essere triste.
Orlandino, intanto, cresce bello e selvatico, nei boschi limitrofi a Sutri, dimostrando fin d'ora coraggio e forza inusuali. Un giorno incontra un povero dal quale viene a sapere che in città si può mendicare e ottenere cibo. Recatosi in città, entra nelle grazie di un generoso mercante e così, nei mesi successivi, provvede a rifornire di cibo la madre e la sua dama.
In occasione dell'annuale festa in cui i fanciulli, divisi in due bande (i nobili da una parte, i figli dei mercanti dall'altra), provavano il loro valore, i figliuolo del mercante, consci della forza di Orlandino, gli propongono di essere il capo della loro brigata. Nello scontro Orlandino riporta una schiacciante vittoria e riduce a malpartito il capo dei nobili, Oliviere, che è il figlio del governatore di Sutri, Reniere.
Costui, interrogando Orlandino, scopre che il giovanetto è figlio di Milone e Berta e che costei vive in estrema povertà nelle campagne limitrofe a Sutri. Non volendo incorrere nell'inimicizia di Carlo, Reniere prende comunque a ben volere Orlandino e da allora in avanti provvede al sostentamento di Berta.
Di lì a poco, su invito del Papa Leone, che in lui vuole identificare il difensore della Cristianità, Carlo si reca a Roma e viene incoronato imperatore.
Sulla via del ritorno, si ferma a Sutri, ospite di Reniere.
Orlandino, aggirandosi per il paese, resta affascinato dalle armature lucenti dei paladini. Narra quindi alla madre e questa, sbalordita e terrorizzata dalla notizia, cerca di metterlo in guardia dicendogli che quel potente li ha in odio.
Ciò, anzicchè intimorirlo, accende vieppiù la curiosità e l'ardimento di Orlandino che, ignaro di qualsiasi ostacolo e soggiogato dalla magnificenza del mondo che ruota attorno all'Imperatore e di ciò che si dice di lui, giunge addirittura a intrufolarsi a palazzo e a rubare la tazza di Carlo dalla sua mensa per poi dileguarsi come un lampo.
Anzicchè adirarsi, Carlo è divertito da questa birichinata. Ugieri e il Duca Namo, invece, si interrogano su chi sia quell'ardito giovanetto e vengono segretamente ragguagliati da Reniere sull'identità di Orlandino, le condizioni di Berta e la perdurante mancanza di notizie relative a Milone.
Il dì seguente, all'ennesima scorribanda di Orlandino alla mensa reale, Namo, Ugieri e Salamone, per incarico di Carlo, lo seguono e raggiungono la grotta ove dimora Berta. Qui la donna svela ai tre paladini la propria identità. Abbracciatala, essi giurano di adoperarsi per il meglio e infatti, grazie alla saggia mediazione del duca Namo, Carlo accoglie la sorella e il nipote e manda messi in tutto il mondo per diramare la notizia del perdono di Milone. Infine, tutti insieme, fanno trionfale ritorno a Parigi.
Milone, intanto, dimora ancora a Biserta. Qui viene riconosciuto da un messo che lo informa del perdono di Carlo e delle ultime vicende di Berta ed Orlando. Egli nega di essere Milone, ma il re Subrino, fido di Agolante, origliata la discussione, resta sospettoso.
Nel frattempo, intenzionato a raggiungere Milone per portargli la buona novella, Ruggiero di Risa, figliuolo di Rampaldo che in passato lo stesso Milone aveva introdotto alle armi, parte per l'Africa. Giunge nella città governata da Guarniere, fratello maggiore di Agolante, celando la propria identità con un'armatura da pagano e il nome di “Scacciato”. E' qui che si innamora, ricambiato, della bella Claudiana (figlia di Guarniere) e prolunga la sua permanenza in quella città.
In onore di Ruggiero, Guarniere decide di organizzare una giostra invitando a parteciparvi molti cavalieri della corte di Agolante e fra essi un prode francese (che Ruggiero intuisce essere Milone).
La giostra non si terrà: nel volgere di poche ore, Ruggiero dichiara il suo amore a Claudiana (che subito si converte al Cristianesimo) e le promette di fuggire con lei per condurla a Risa, mentre Milone, la cui identità è stata ormai scoperta, è fatto arrestare da Agolante che, nonostante i gloriosi trascorsi, lo condanna a morte per vendicare l'uccisione del fratello per mano di Carlo (si riferisce a Bramante, ucciso da Carlo a Saragozza).
Ruggiero, a questo punto, nonostante che Claudiana sia nel frattempo rimasta incinta, rimanda il suo progetto e piomba a Biserta dove dimostrando valore e forza estremi, libera Milone per subito condurlo con una nave in Italia.
Lì i due separano le loro strade.
Milone si incammina verso Parigi dove si ricongiunge finalmente con Berta e col figlio Orlando e viene riaccolto con grandi onori da Carlo che lo nomina gran capitano di tutto l'Impero. Ruggiero, intanto, fa ritorno in Africa e qui, sotto le spoglie di un mendicante, raggiunge la città di Guarniere che trova deserta essendosi tutti i cavalieri concentrati a Biserta. Gli è facile, dunque, portare con sé Claudiana e riimbarcarsi per l'Italia.
Durante il viaggio, però, in seguito a un attacco dei pirati e ad una tempesta, Claudiana si perde in mare e Ruggiero, disperato, fa naufragio sulle coste della Sicilia e da qui fa ritorno a Risa.
Claudiana, raccolta in mare da un mercante armeno, viene da questi ospitata e dà alla luce Cladinoro (che sarà dunque fratellastro di Ruggiero dell'Aquila e di Marfisa e diverrà anch'egli paladino)
Guarniere, voglioso di vendetta, parte alla volta dell'Italia. Sottomette la Sicilia e marcia su Roma in difesa della quale, nel frattempo, si precipita l'esercito di Carlo agli ordini di Milone, con Ugieri e Namo, Buovo ed Amone.
Lo scontro, violentissimo, si conclude con la vittoria dei Cristiani e l'uccisione di Guarniere per mano di Milone.
Nello scontro fra i due eserciti, Milone dà prove impressionanti del suo valore e il Re Salatiello, vinto, giura obbedienza ad Agolante.
Agolante decide allora di espandere ulteriormente il suo regno; arma un ancor più potente esercito e marcia sull’Asia sconfiggendo il Re di Persia Soldano mentre i suoi figli, Troiano ed Almonte, assalgono la Turchia e l’Assiria. Infine, riuniti gli eserciti, conquistano Tartaria.
La fama e l’onore di Milone (sempre nominato “Sventura”) volano oltre ogni misura ma egli, memore dell’infelice Berta e dell’esilio, non può che essere triste.
Orlandino, intanto, cresce bello e selvatico, nei boschi limitrofi a Sutri, dimostrando fin d'ora coraggio e forza inusuali. Un giorno incontra un povero dal quale viene a sapere che in città si può mendicare e ottenere cibo. Recatosi in città, entra nelle grazie di un generoso mercante e così, nei mesi successivi, provvede a rifornire di cibo la madre e la sua dama.
In occasione dell'annuale festa in cui i fanciulli, divisi in due bande (i nobili da una parte, i figli dei mercanti dall'altra), provavano il loro valore, i figliuolo del mercante, consci della forza di Orlandino, gli propongono di essere il capo della loro brigata. Nello scontro Orlandino riporta una schiacciante vittoria e riduce a malpartito il capo dei nobili, Oliviere, che è il figlio del governatore di Sutri, Reniere.
Costui, interrogando Orlandino, scopre che il giovanetto è figlio di Milone e Berta e che costei vive in estrema povertà nelle campagne limitrofe a Sutri. Non volendo incorrere nell'inimicizia di Carlo, Reniere prende comunque a ben volere Orlandino e da allora in avanti provvede al sostentamento di Berta.
Di lì a poco, su invito del Papa Leone, che in lui vuole identificare il difensore della Cristianità, Carlo si reca a Roma e viene incoronato imperatore.
Sulla via del ritorno, si ferma a Sutri, ospite di Reniere.
Orlandino, aggirandosi per il paese, resta affascinato dalle armature lucenti dei paladini. Narra quindi alla madre e questa, sbalordita e terrorizzata dalla notizia, cerca di metterlo in guardia dicendogli che quel potente li ha in odio.
Ciò, anzicchè intimorirlo, accende vieppiù la curiosità e l'ardimento di Orlandino che, ignaro di qualsiasi ostacolo e soggiogato dalla magnificenza del mondo che ruota attorno all'Imperatore e di ciò che si dice di lui, giunge addirittura a intrufolarsi a palazzo e a rubare la tazza di Carlo dalla sua mensa per poi dileguarsi come un lampo.
Anzicchè adirarsi, Carlo è divertito da questa birichinata. Ugieri e il Duca Namo, invece, si interrogano su chi sia quell'ardito giovanetto e vengono segretamente ragguagliati da Reniere sull'identità di Orlandino, le condizioni di Berta e la perdurante mancanza di notizie relative a Milone.
Il dì seguente, all'ennesima scorribanda di Orlandino alla mensa reale, Namo, Ugieri e Salamone, per incarico di Carlo, lo seguono e raggiungono la grotta ove dimora Berta. Qui la donna svela ai tre paladini la propria identità. Abbracciatala, essi giurano di adoperarsi per il meglio e infatti, grazie alla saggia mediazione del duca Namo, Carlo accoglie la sorella e il nipote e manda messi in tutto il mondo per diramare la notizia del perdono di Milone. Infine, tutti insieme, fanno trionfale ritorno a Parigi.
Milone, intanto, dimora ancora a Biserta. Qui viene riconosciuto da un messo che lo informa del perdono di Carlo e delle ultime vicende di Berta ed Orlando. Egli nega di essere Milone, ma il re Subrino, fido di Agolante, origliata la discussione, resta sospettoso.
Nel frattempo, intenzionato a raggiungere Milone per portargli la buona novella, Ruggiero di Risa, figliuolo di Rampaldo che in passato lo stesso Milone aveva introdotto alle armi, parte per l'Africa. Giunge nella città governata da Guarniere, fratello maggiore di Agolante, celando la propria identità con un'armatura da pagano e il nome di “Scacciato”. E' qui che si innamora, ricambiato, della bella Claudiana (figlia di Guarniere) e prolunga la sua permanenza in quella città.
In onore di Ruggiero, Guarniere decide di organizzare una giostra invitando a parteciparvi molti cavalieri della corte di Agolante e fra essi un prode francese (che Ruggiero intuisce essere Milone).
La giostra non si terrà: nel volgere di poche ore, Ruggiero dichiara il suo amore a Claudiana (che subito si converte al Cristianesimo) e le promette di fuggire con lei per condurla a Risa, mentre Milone, la cui identità è stata ormai scoperta, è fatto arrestare da Agolante che, nonostante i gloriosi trascorsi, lo condanna a morte per vendicare l'uccisione del fratello per mano di Carlo (si riferisce a Bramante, ucciso da Carlo a Saragozza).
Ruggiero, a questo punto, nonostante che Claudiana sia nel frattempo rimasta incinta, rimanda il suo progetto e piomba a Biserta dove dimostrando valore e forza estremi, libera Milone per subito condurlo con una nave in Italia.
Lì i due separano le loro strade.
Milone si incammina verso Parigi dove si ricongiunge finalmente con Berta e col figlio Orlando e viene riaccolto con grandi onori da Carlo che lo nomina gran capitano di tutto l'Impero. Ruggiero, intanto, fa ritorno in Africa e qui, sotto le spoglie di un mendicante, raggiunge la città di Guarniere che trova deserta essendosi tutti i cavalieri concentrati a Biserta. Gli è facile, dunque, portare con sé Claudiana e riimbarcarsi per l'Italia.
Durante il viaggio, però, in seguito a un attacco dei pirati e ad una tempesta, Claudiana si perde in mare e Ruggiero, disperato, fa naufragio sulle coste della Sicilia e da qui fa ritorno a Risa.
Claudiana, raccolta in mare da un mercante armeno, viene da questi ospitata e dà alla luce Cladinoro (che sarà dunque fratellastro di Ruggiero dell'Aquila e di Marfisa e diverrà anch'egli paladino)
Guarniere, voglioso di vendetta, parte alla volta dell'Italia. Sottomette la Sicilia e marcia su Roma in difesa della quale, nel frattempo, si precipita l'esercito di Carlo agli ordini di Milone, con Ugieri e Namo, Buovo ed Amone.
Lo scontro, violentissimo, si conclude con la vittoria dei Cristiani e l'uccisione di Guarniere per mano di Milone.
martedì 17 febbraio 2009
4 - Nascita di Orlando, Rinaldo e... tanti altri
Milone e Berta trovano rifugio a Roma. Qui, però, sono riconosciuti da un magonzese. La notizia giunge a Carlo che ordina a Gano da Pontieri (magonzese anch’egli) di recarsi a Roma e farli prigionieri. Gano riesce a catturare i due avendo disarmato Milone nel sonno, ma non riesce a condurli a Parigi per l’intervento del Papa Adriano che raduna un esercito, raggiunge Gano e si fa riconsegnare i prigionieri con la scusa che debbano essere giustiziati a Roma.
Dall’una e dall’altra fazione partono allora messi alla volta di Parigi dove Carlo, nel frattempo, ha la visione notturna di un angelo che profetizza come da Berta e Milone nascerà Orlando che sarà il salvatore della Croce. Per sovrappiù, il giorno appresso, il duca Namo intercede in favore dei due amanti ricordando a Carlo come egli stesso fosse fuggito da Saragozza portando con sé Galerana per poi chiedere e ottenere il perdono del Re Galafro in nome della cecità dell’amore.
Carlo, a questo punto, emana un editto che revoca la condanna a morte e limita la pena di Milone e Berta all’esilio dal regno di Francia. Namo, Ottone, Amone ed Ugieri corrono a Roma dove giungono appena in tempo per impedire l’esecuzione.
Milone e Berta, dopo essersi sposati e dopo varie peregrinazioni (in cui fra l’altro incontrano una donzella, Calisena, che diviene dama di B.), si imbarcano su una nave il cui capitano, Raimondo, invaghitosi di Berta, la rapisce portandola con sé su una scialuppa mentre Milone combatte con l’intero equipaggio. Milone accortosi infine di aver perso la sua donna, si getta in mare disperato.
A Parigi, intanto, Amone e Ginamo vengono finalmente a duello ed Amone, vinto facilmente il rivale, può sposare Beatrice. Poco dopo le nozze, però, su istigazione di Gano, viene rubato a Beatrice l’anello nuziale. Amone, sembra non darsi pena di ciò e, consolata la moglie, la porta con sé nel proprio feudo, le Ardenne, per presentarla ai suoi sudditi. Lì giunta, Beatrice si ritrova incinta.
Buovo d’Agramonte, nello stesso tempo, parte da Parigi in cerca del fratello Milone, della cui sorte d’esiliato non sa darsi pace. Nel suo cammino giunge in Orsitania dove vince una giostra indetta dalla bella regina Lucietta. I due si innamorano e, convertitasi Lucietta al Cristianesimo, si sposano e partono per Roma dove nel frattempo, morto il Papa Adriano, gli è succeduto Leone di Chiaramente (fratello di Buovo, Milone ecc…). A Roma anche Lucietta si trova incinta.
Tornando a Berta e Milone…
La dama di compagnia di Berta, Calisena, rimasta sulla nave, è l’unica a salvarsi dal naufragio cui la nave stessa va incontro e raggiunge un lido.
Berta trova la forza di uccidere, pugnalandolo, il rapitore Raimondo e, sulla piccola barca, dopo una tempesta, approda su una spiaggia e rincontra infine la stessa dama che ha nel frattempo a sua volta trovato rifugio presso un anziano pastore che vive in una grotta nelle campagne intorno a Sutri (nel Lazio). Lì Berta da alla luce Orlando (che, alla nascita, “portava una torva guardatura”. Da questo deriva, probabilmente, il rappresentarlo con gli occhi storti).
Milone raggiunge anch’egli una spiaggia dove trova ad attenderlo la maga Giuliana (una figlia di Merlino) che è di lui invaghita e adopera arti magiche e incantesimi per sedurlo tanto che egli, dimentico di Berta, ama Giuliana e la ingravida finchè un giorno un incubo lo sveglia e lo induce a fuggire per rimettersi alla ricerca di Berta. Da Giuliana (figlio di Milone) nascerà il paladino Agolaccio.
Milone, incontrato un vecchio eremita (lo stesso che poco tempo addietro gli ha profetizzato la nascita di Orlando), viene a sapere che Berta è viva ma che dovrà trascorrere del tempo fino a che lui la possa riincontrare. Errante e disperato, Milone giunge a Risa, dove viene riconosciuto e benevolmente accolto da Rampaldo e dal di lui figlio diciassettenne Ruggiero.
Tornando a Buovo e Lucietta… mentre tornano da Roma in Orsitania e transitano in un bosco, Lucietta è assalita dai dolori del parto. Qui nascono Bernardo e Onofrio.
Accade però che Abalante, re del Portogallo e padrone di quelle terre, aggredisca l’accampamento e nonostante la valorosa resistenza di Buovo, lo costringa a fuggire. Buovo porta in salvo Lucietta ma è costretto ad abbandonare entrambi i figli. Bernardo, trovato da Abalante, viene da questi adottato e rinominato Viviano (detto Viviano del bastone per la sua formidabile abilità con quest’arma). L’altro figlio, Onofrio, abbandonato fra i cespugli da una serva di Lucietta, viene raccolto dal potente mago Merlino che lo rinomina Malagigi e lo affida a una sua figliola, anch’essa maga, col compito di istruirlo al Cristianesimo.
In quello stesso lasso di tempo nascono ancora Astolfo, figlio di Ottone e della regina d’Inghilterra, e, figli di Amone e Beatrice, nascono nell’ordine: Salardo, Rinaldo (che nasce con un pugno serrato attorno a una polizza che reca scritto il suo nome!), Ricciardetto, Ricciardo e, infine, Bradamante.
Dall’una e dall’altra fazione partono allora messi alla volta di Parigi dove Carlo, nel frattempo, ha la visione notturna di un angelo che profetizza come da Berta e Milone nascerà Orlando che sarà il salvatore della Croce. Per sovrappiù, il giorno appresso, il duca Namo intercede in favore dei due amanti ricordando a Carlo come egli stesso fosse fuggito da Saragozza portando con sé Galerana per poi chiedere e ottenere il perdono del Re Galafro in nome della cecità dell’amore.
Carlo, a questo punto, emana un editto che revoca la condanna a morte e limita la pena di Milone e Berta all’esilio dal regno di Francia. Namo, Ottone, Amone ed Ugieri corrono a Roma dove giungono appena in tempo per impedire l’esecuzione.
Milone e Berta, dopo essersi sposati e dopo varie peregrinazioni (in cui fra l’altro incontrano una donzella, Calisena, che diviene dama di B.), si imbarcano su una nave il cui capitano, Raimondo, invaghitosi di Berta, la rapisce portandola con sé su una scialuppa mentre Milone combatte con l’intero equipaggio. Milone accortosi infine di aver perso la sua donna, si getta in mare disperato.
A Parigi, intanto, Amone e Ginamo vengono finalmente a duello ed Amone, vinto facilmente il rivale, può sposare Beatrice. Poco dopo le nozze, però, su istigazione di Gano, viene rubato a Beatrice l’anello nuziale. Amone, sembra non darsi pena di ciò e, consolata la moglie, la porta con sé nel proprio feudo, le Ardenne, per presentarla ai suoi sudditi. Lì giunta, Beatrice si ritrova incinta.
Buovo d’Agramonte, nello stesso tempo, parte da Parigi in cerca del fratello Milone, della cui sorte d’esiliato non sa darsi pace. Nel suo cammino giunge in Orsitania dove vince una giostra indetta dalla bella regina Lucietta. I due si innamorano e, convertitasi Lucietta al Cristianesimo, si sposano e partono per Roma dove nel frattempo, morto il Papa Adriano, gli è succeduto Leone di Chiaramente (fratello di Buovo, Milone ecc…). A Roma anche Lucietta si trova incinta.
Tornando a Berta e Milone…
La dama di compagnia di Berta, Calisena, rimasta sulla nave, è l’unica a salvarsi dal naufragio cui la nave stessa va incontro e raggiunge un lido.
Berta trova la forza di uccidere, pugnalandolo, il rapitore Raimondo e, sulla piccola barca, dopo una tempesta, approda su una spiaggia e rincontra infine la stessa dama che ha nel frattempo a sua volta trovato rifugio presso un anziano pastore che vive in una grotta nelle campagne intorno a Sutri (nel Lazio). Lì Berta da alla luce Orlando (che, alla nascita, “portava una torva guardatura”. Da questo deriva, probabilmente, il rappresentarlo con gli occhi storti).
Milone raggiunge anch’egli una spiaggia dove trova ad attenderlo la maga Giuliana (una figlia di Merlino) che è di lui invaghita e adopera arti magiche e incantesimi per sedurlo tanto che egli, dimentico di Berta, ama Giuliana e la ingravida finchè un giorno un incubo lo sveglia e lo induce a fuggire per rimettersi alla ricerca di Berta. Da Giuliana (figlio di Milone) nascerà il paladino Agolaccio.
Milone, incontrato un vecchio eremita (lo stesso che poco tempo addietro gli ha profetizzato la nascita di Orlando), viene a sapere che Berta è viva ma che dovrà trascorrere del tempo fino a che lui la possa riincontrare. Errante e disperato, Milone giunge a Risa, dove viene riconosciuto e benevolmente accolto da Rampaldo e dal di lui figlio diciassettenne Ruggiero.
Tornando a Buovo e Lucietta… mentre tornano da Roma in Orsitania e transitano in un bosco, Lucietta è assalita dai dolori del parto. Qui nascono Bernardo e Onofrio.
Accade però che Abalante, re del Portogallo e padrone di quelle terre, aggredisca l’accampamento e nonostante la valorosa resistenza di Buovo, lo costringa a fuggire. Buovo porta in salvo Lucietta ma è costretto ad abbandonare entrambi i figli. Bernardo, trovato da Abalante, viene da questi adottato e rinominato Viviano (detto Viviano del bastone per la sua formidabile abilità con quest’arma). L’altro figlio, Onofrio, abbandonato fra i cespugli da una serva di Lucietta, viene raccolto dal potente mago Merlino che lo rinomina Malagigi e lo affida a una sua figliola, anch’essa maga, col compito di istruirlo al Cristianesimo.
In quello stesso lasso di tempo nascono ancora Astolfo, figlio di Ottone e della regina d’Inghilterra, e, figli di Amone e Beatrice, nascono nell’ordine: Salardo, Rinaldo (che nasce con un pugno serrato attorno a una polizza che reca scritto il suo nome!), Ricciardetto, Ricciardo e, infine, Bradamante.
giovedì 15 gennaio 2009
3 - Milone... e gli altri
Per festeggiare la riconquista del trono, Carlo bandisce una giostra mettendo in palio una corona d’oro e incarica Milone dei necessari preparativi (il palco ecc…). È qui che, col più classico dei colpi di fulmine, Berta e Milone s’innamorano l'un l'altra segretamente. Il conte, però, è consapevole della impossibilità di ambire alla mano di Berta che Carlo ha promesso in moglie a Costantino, imperatore della Grecia.
La giostra: Ugieri il Danese (che è lo stesso personaggio di Ugieri d'Africa– v. Cammarata - Pupi e carretti) ha da Carlo il primato (è colui, cioè, che deve essere sfidato per primo) e disarciona molti avversari prima di essere a sua volta battuto da Bolugante (uno dei figli di Galafro e dunque pagano e cognato di Carlo). È Amone a sconfiggere Bolugante e poi Ginamo di Bajona, suo vile ed acerrimo rivale nell’amore per Beatrice (figlia del duca Namo) e di seguito molti Magonzesi che con Ginamo sono alleati, finchè è Falserone (altro figlio di Galafro) a sconfiggere Amone e via via tutti gli avversari cristiani che in nome di Carlo provano ad affrontarlo. Carlo, infine, provocato e offeso da Falserone, si avvede della inspiegabile assenza del suo più forte campione, Milone, e manda Rampaldo (che, poi vedremo, è duca di Risa che corrisponde all'odierna Reggio Calabria) a cercarlo urgentemente. Questi trova Milone affranto e rinchiuso nel suo alloggio, e, cercando di convincerlo a scendere in campo, scopre come la causa del suo patimento sia il disperato amore per Berta. Si offre allora, a patto che anche Berta sia innamorata di Milone, di tentare una mediazione presso Carlo e incita vieppiù Milone a guadagnarsi il favore dell'Imperatore combattendo nel torneo. Berta, avvertita del tanto agognato arrivo di Milone, gli manda tramite il piccolo Ruggiero (figlio di Rampaldo) una ghirlanda ornamentale e svela a Fresina, sua balia che le siede accanto sul palco, di amare Milone.
Milone, infine sceso in campo, sfida Falserone, lo batte e vince la giostra.
Nel corso dei festeggiamenti, Ugieri chiede e ottiene la mano di Armelina (anch'essa figlia del duca Namo) e Amone chiede la mano di Beatrice ma altrettanto si affretta a fare Ginamo. Carlo, cui il duca Namo lascia la facoltà di scelta, preferisce diplomaticamente posticipare la decisione.
Durante il ballo che segue le nozze di Ugieri e Armelina, Fresina confida a Milone l'amore di Berta e lo conduce nella stanza della ragazza dove lo lascia chiudendolo a chiave. Poi, finito il ballo, vi torna con Berta e Rampaldo e qui, dopo che finalmente i due innamorati si sono dichiarati il loro sentimento, odono sopraggiungere Carlo, che è in cerca di Rampaldo. Milone non può far altro che nascondersi, mentre Rampaldo va via con Carlo e Fresina la quale, portando con sè la chiave, chiude nella stanza Berta e Milone.
Il mattino seguente, per fare uscire Milone dall’alloggio di Berta, Fresina escogita lo stratagemma di travestirlo da donna. Con questo sistema i due amanti continuano da allora a incontrarsi fino a che Berta rimane gravida.
Carlo, dopo lunga riflessione, risolve infine la questione della mano di Beatrice disponendo che Amone e Ginamo se la contendano in duello. Per garantire la sicurezza dell’evento ordina che tutti siano disarmati tranne Milone che è incarica di far rispettare la regolarità della sfida.
Ginamo, sapendosi inferiore, ordisce un agguato al rivale, ma incontrato Milone poco prima della sfida e avendolo visto armato, gioca la carta della provocazione. Milone cade nella trappola, reagisce e viene assalito da un’orda di magonzesi da cui si difende massacrandoli. Ginamo, a questo punto, corre da Carlo accusando falsamente Milone di essere l'autore del misfatto. Invano l’imperatore cerca di imporre al suo capitano, ormai fuori di sé per la rabbia, di cessare la mattanza. Milone, compiuta una strage, sale infine all’appartamento di Berta, che trova svenuta, e la rapisce.
Il giorno dopo Milone e Berta sono scomparsi da Parigi e Carlo, furibondo, divulga in tutto il regno la disposizione di arrestarli e immediatamente impiccarli.
La giostra: Ugieri il Danese (che è lo stesso personaggio di Ugieri d'Africa– v. Cammarata - Pupi e carretti) ha da Carlo il primato (è colui, cioè, che deve essere sfidato per primo) e disarciona molti avversari prima di essere a sua volta battuto da Bolugante (uno dei figli di Galafro e dunque pagano e cognato di Carlo). È Amone a sconfiggere Bolugante e poi Ginamo di Bajona, suo vile ed acerrimo rivale nell’amore per Beatrice (figlia del duca Namo) e di seguito molti Magonzesi che con Ginamo sono alleati, finchè è Falserone (altro figlio di Galafro) a sconfiggere Amone e via via tutti gli avversari cristiani che in nome di Carlo provano ad affrontarlo. Carlo, infine, provocato e offeso da Falserone, si avvede della inspiegabile assenza del suo più forte campione, Milone, e manda Rampaldo (che, poi vedremo, è duca di Risa che corrisponde all'odierna Reggio Calabria) a cercarlo urgentemente. Questi trova Milone affranto e rinchiuso nel suo alloggio, e, cercando di convincerlo a scendere in campo, scopre come la causa del suo patimento sia il disperato amore per Berta. Si offre allora, a patto che anche Berta sia innamorata di Milone, di tentare una mediazione presso Carlo e incita vieppiù Milone a guadagnarsi il favore dell'Imperatore combattendo nel torneo. Berta, avvertita del tanto agognato arrivo di Milone, gli manda tramite il piccolo Ruggiero (figlio di Rampaldo) una ghirlanda ornamentale e svela a Fresina, sua balia che le siede accanto sul palco, di amare Milone.
Milone, infine sceso in campo, sfida Falserone, lo batte e vince la giostra.
Nel corso dei festeggiamenti, Ugieri chiede e ottiene la mano di Armelina (anch'essa figlia del duca Namo) e Amone chiede la mano di Beatrice ma altrettanto si affretta a fare Ginamo. Carlo, cui il duca Namo lascia la facoltà di scelta, preferisce diplomaticamente posticipare la decisione.
Durante il ballo che segue le nozze di Ugieri e Armelina, Fresina confida a Milone l'amore di Berta e lo conduce nella stanza della ragazza dove lo lascia chiudendolo a chiave. Poi, finito il ballo, vi torna con Berta e Rampaldo e qui, dopo che finalmente i due innamorati si sono dichiarati il loro sentimento, odono sopraggiungere Carlo, che è in cerca di Rampaldo. Milone non può far altro che nascondersi, mentre Rampaldo va via con Carlo e Fresina la quale, portando con sè la chiave, chiude nella stanza Berta e Milone.
Il mattino seguente, per fare uscire Milone dall’alloggio di Berta, Fresina escogita lo stratagemma di travestirlo da donna. Con questo sistema i due amanti continuano da allora a incontrarsi fino a che Berta rimane gravida.
Carlo, dopo lunga riflessione, risolve infine la questione della mano di Beatrice disponendo che Amone e Ginamo se la contendano in duello. Per garantire la sicurezza dell’evento ordina che tutti siano disarmati tranne Milone che è incarica di far rispettare la regolarità della sfida.
Ginamo, sapendosi inferiore, ordisce un agguato al rivale, ma incontrato Milone poco prima della sfida e avendolo visto armato, gioca la carta della provocazione. Milone cade nella trappola, reagisce e viene assalito da un’orda di magonzesi da cui si difende massacrandoli. Ginamo, a questo punto, corre da Carlo accusando falsamente Milone di essere l'autore del misfatto. Invano l’imperatore cerca di imporre al suo capitano, ormai fuori di sé per la rabbia, di cessare la mattanza. Milone, compiuta una strage, sale infine all’appartamento di Berta, che trova svenuta, e la rapisce.
Il giorno dopo Milone e Berta sono scomparsi da Parigi e Carlo, furibondo, divulga in tutto il regno la disposizione di arrestarli e immediatamente impiccarli.
mercoledì 7 gennaio 2009
2 - Carlo Re di Francia
Carlo (col falso nome di Mainetto) e Morando (anch’egli sotto falso nome) raggiungono Saragozza, ove regna il pagano Galafro la cui figlia, Galerana, nonostante siano entrambi appena adolescenti, si invaghisce segretamente di Carlo che nel frattempo ha trovato impiego proprio come servitore alla mensa del Re.
Trascorsi circa cinque anni, il Re indice una giostra cavalleresca per assegnare al vincitore la mano della figlia. La giostra viene vinta da Mainetto (Carlo) che però nasconde a tutti, dentro l’armatura, la propria identità e finito il torneo si dà alla fuga. Nei mesi successivi, in attesa che lo sconosciuto vincitore eventualmente si presenti a corte, Galerana, la quale sa che il vincitore del torneo è Mainetto per avergli essa stessa procurato l’armatura, viene messa al corrente della vera identità di Morando e di Carlo stesso e della necessità di tenerla celata. A quel punto Galerana si fa battezzare e si promette a Carlo.
Bramante, Re africano (supoi fratelli sono Agolante e Guarniere), casualmente edotto di quanto avviene in Spagna, per brama di potere e spirito di sopraffazione muove contro Saragozza pretendendo Galerana in sposa. Al rifiuto di lei, scatena un fido guerriero, Polinoro, che in rapida successione sfida e sconfigge, facendoli prigionieri, Galafro e i suoi tre figli e infine anche Morando che tenta invano di batterlo. E’ infine Mainetto (Carlo) che, fattosi nominare cavaliere dalla Regina, affronta e uccide Polinoro prima e lo stesso Bramante poi. Successivamente costringe alla resa anche Gualfrediano (altro guerriero africano inviato da Agolante in aiuto del fratello) il cui figlio, Ugieri, si lega a Carlo tanto da convertirsi al cristianesimo e restare con lui in Spagna.
Di lì a poco, avvertiti della crescente invidia dei figli di Galafro, Morando, Carlo, Ugieri e Galerana fuggono da Saragozza e raggiungono dapprima l’Italia (dove si ritrovano con Bernardo di Chiaramonte) e poi la Baviera (ove si allerta anche il duca Namo).
Costituito così un poderoso esercito, marciano su Parigi e la riconquistano dopo una furiosa battaglia nella quale Carlo uccide Lanfroi. Anche Olderigi viene giustiziato da Carlo che viene infine incoronato dal Papa Adriano Re di Francia col soprannome di Carlo Magno.
E’ qui, durante la battaglia e subito dopo assunti a cariche di rilievo, che entrano in scena i figli di Bernardo di Chiaramonte (personaggi le cui vicende diverranno centrali nel prosieguo della Storia): Ottone d’Inghilterra, Amone di Ardenna, Buovo di Agromonte, e soprattutto il conte Milone d’Anglante, il più valoroso, che viene nominato Capitano Generale (un altro figlio di Bernardo diverrà Papa col nome di Leone III)
Attorno a Carlo troviamo ancora, fra gli altri, Namo di Baviera, Ugieri d’Africa, Salamone di Bretagna e Morando di Riviera.
Si consolida, invece, un’inimicizia con Girardo da Frata che mal volentieri riconoscerà il potere di Carlo.
Dopo la sua incoronazione, infine, Carlo sposa Galerana.
Trascorsi circa cinque anni, il Re indice una giostra cavalleresca per assegnare al vincitore la mano della figlia. La giostra viene vinta da Mainetto (Carlo) che però nasconde a tutti, dentro l’armatura, la propria identità e finito il torneo si dà alla fuga. Nei mesi successivi, in attesa che lo sconosciuto vincitore eventualmente si presenti a corte, Galerana, la quale sa che il vincitore del torneo è Mainetto per avergli essa stessa procurato l’armatura, viene messa al corrente della vera identità di Morando e di Carlo stesso e della necessità di tenerla celata. A quel punto Galerana si fa battezzare e si promette a Carlo.
Bramante, Re africano (supoi fratelli sono Agolante e Guarniere), casualmente edotto di quanto avviene in Spagna, per brama di potere e spirito di sopraffazione muove contro Saragozza pretendendo Galerana in sposa. Al rifiuto di lei, scatena un fido guerriero, Polinoro, che in rapida successione sfida e sconfigge, facendoli prigionieri, Galafro e i suoi tre figli e infine anche Morando che tenta invano di batterlo. E’ infine Mainetto (Carlo) che, fattosi nominare cavaliere dalla Regina, affronta e uccide Polinoro prima e lo stesso Bramante poi. Successivamente costringe alla resa anche Gualfrediano (altro guerriero africano inviato da Agolante in aiuto del fratello) il cui figlio, Ugieri, si lega a Carlo tanto da convertirsi al cristianesimo e restare con lui in Spagna.
Di lì a poco, avvertiti della crescente invidia dei figli di Galafro, Morando, Carlo, Ugieri e Galerana fuggono da Saragozza e raggiungono dapprima l’Italia (dove si ritrovano con Bernardo di Chiaramonte) e poi la Baviera (ove si allerta anche il duca Namo).
Costituito così un poderoso esercito, marciano su Parigi e la riconquistano dopo una furiosa battaglia nella quale Carlo uccide Lanfroi. Anche Olderigi viene giustiziato da Carlo che viene infine incoronato dal Papa Adriano Re di Francia col soprannome di Carlo Magno.
E’ qui, durante la battaglia e subito dopo assunti a cariche di rilievo, che entrano in scena i figli di Bernardo di Chiaramonte (personaggi le cui vicende diverranno centrali nel prosieguo della Storia): Ottone d’Inghilterra, Amone di Ardenna, Buovo di Agromonte, e soprattutto il conte Milone d’Anglante, il più valoroso, che viene nominato Capitano Generale (un altro figlio di Bernardo diverrà Papa col nome di Leone III)
Attorno a Carlo troviamo ancora, fra gli altri, Namo di Baviera, Ugieri d’Africa, Salamone di Bretagna e Morando di Riviera.
Si consolida, invece, un’inimicizia con Girardo da Frata che mal volentieri riconoscerà il potere di Carlo.
Dopo la sua incoronazione, infine, Carlo sposa Galerana.
martedì 30 dicembre 2008
1 - L'inizio
La storia inizia con Pipino (il breve) Re di Francia.
Brutto, nano e vecchio, Pipino viene esortato a prendere moglie per garantire la successione.
Attorno a lui si muovono i consiglieri fra cui Bernardo di Chiaramonte, Gherardo da Fratta, Morando di Riviera e l’infido Grifone di Magonza. (I Magonzesi, nel corso di tutta la storia, svolgeranno sempre il ruolo di traditori).
Dopo varie ricerche, viene trovata la disponibilità di Filippo d’Ungheria: concederà a Pipino la mano della figlia Berta (detta “Berta del gran piè” perché ha un piede più grande dell’altro).
Berta di reca dunque a Parigi portando con sè Elisetta, una dama di compagnia che è a lei del tutto identica, tranne che per la difformità dei piedi, ed è figlia di un magonzese esiliato in Ungheria dallo stesso Pipino.
Avvilita dalla deformità e bruttezza di Pipino, Berta chiede ad Elisetta di sostituirla per la prima notte nel letto del Re.
Convinta da Grifone, Elisetta prende allora il posto di Berta e sposa il Re.
Nella stessa notte, Berta viene fatta rapire da quattro individui che riferiranno poi a Grifone di averla uccisa mentre invece, scoperta la portata dell’inganno cui hanno partecipato, si saranno limitati ad abbandonarla in un bosco.
Da Elisetta (creduta Berta) e Pipino nascono in breve Olderigi e Lanfroi.
Berta, nel frattempo, è stata salvata da un cacciatore di nome Lamberto e vive con la famiglia di questi in riva al fiume Magno.
Trascorsi diversi anni, durante una caccia, Pipino si ferma ospite in casa di Lamberto dove ritrova Berta che può finalmente svelargli l’inganno.
Il Re, allora, si vendica dei magonzesi scacciandoli da Parigi e fa ardere sul rogo Elisetta, risparmiando però i suoi due figli.
Da Berta e Pipino nascono Carlo (detto Carlo Magno perché generato la stessa notte in cui i coniugi si ritrovarono in casa di Lamberto, e quindi nei pressi del fiume Magno) e, dopo otto anni, Berta, così chiamata per ricordare la madre che muore pochi giorni dopo averla partorita, avvelenata dai due figliastri Olderigi e Lanfroi.
Questi ultimi, soltanto un anno dopo, appoggiati dal solito conte Grifone che invade Parigi, uccidono il padre Pipino pugnalandolo nel suo letto.
Olderigi siede dunque sul trono mentre i nobili più fedeli a Pipino (Bernardo e Morando) abbandonano Parigi.
Berta viene rinchiusa in un monastero; Carlo (che ha circa 10 anni) fugge travestito da pastorello e trova ospitalità nell’abbazia di Sant’Omero. Qui, dopo due anni di ricerche, verrà rintracciato dal suo precettore, il fido Morando di Riviera, col quale si metterà infine in cammino per lasciare il suolo di Francia.
Brutto, nano e vecchio, Pipino viene esortato a prendere moglie per garantire la successione.
Attorno a lui si muovono i consiglieri fra cui Bernardo di Chiaramonte, Gherardo da Fratta, Morando di Riviera e l’infido Grifone di Magonza. (I Magonzesi, nel corso di tutta la storia, svolgeranno sempre il ruolo di traditori).
Dopo varie ricerche, viene trovata la disponibilità di Filippo d’Ungheria: concederà a Pipino la mano della figlia Berta (detta “Berta del gran piè” perché ha un piede più grande dell’altro).
Berta di reca dunque a Parigi portando con sè Elisetta, una dama di compagnia che è a lei del tutto identica, tranne che per la difformità dei piedi, ed è figlia di un magonzese esiliato in Ungheria dallo stesso Pipino.
Avvilita dalla deformità e bruttezza di Pipino, Berta chiede ad Elisetta di sostituirla per la prima notte nel letto del Re.
Convinta da Grifone, Elisetta prende allora il posto di Berta e sposa il Re.
Nella stessa notte, Berta viene fatta rapire da quattro individui che riferiranno poi a Grifone di averla uccisa mentre invece, scoperta la portata dell’inganno cui hanno partecipato, si saranno limitati ad abbandonarla in un bosco.
Da Elisetta (creduta Berta) e Pipino nascono in breve Olderigi e Lanfroi.
Berta, nel frattempo, è stata salvata da un cacciatore di nome Lamberto e vive con la famiglia di questi in riva al fiume Magno.
Trascorsi diversi anni, durante una caccia, Pipino si ferma ospite in casa di Lamberto dove ritrova Berta che può finalmente svelargli l’inganno.
Il Re, allora, si vendica dei magonzesi scacciandoli da Parigi e fa ardere sul rogo Elisetta, risparmiando però i suoi due figli.
Da Berta e Pipino nascono Carlo (detto Carlo Magno perché generato la stessa notte in cui i coniugi si ritrovarono in casa di Lamberto, e quindi nei pressi del fiume Magno) e, dopo otto anni, Berta, così chiamata per ricordare la madre che muore pochi giorni dopo averla partorita, avvelenata dai due figliastri Olderigi e Lanfroi.
Questi ultimi, soltanto un anno dopo, appoggiati dal solito conte Grifone che invade Parigi, uccidono il padre Pipino pugnalandolo nel suo letto.
Olderigi siede dunque sul trono mentre i nobili più fedeli a Pipino (Bernardo e Morando) abbandonano Parigi.
Berta viene rinchiusa in un monastero; Carlo (che ha circa 10 anni) fugge travestito da pastorello e trova ospitalità nell’abbazia di Sant’Omero. Qui, dopo due anni di ricerche, verrà rintracciato dal suo precettore, il fido Morando di Riviera, col quale si metterà infine in cammino per lasciare il suolo di Francia.
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