Carlo (col falso nome di Mainetto) e Morando (anch’egli sotto falso nome) raggiungono Saragozza, ove regna il pagano Galafro la cui figlia, Galerana, nonostante siano entrambi appena adolescenti, si invaghisce segretamente di Carlo che nel frattempo ha trovato impiego proprio come servitore alla mensa del Re.
Trascorsi circa cinque anni, il Re indice una giostra cavalleresca per assegnare al vincitore la mano della figlia. La giostra viene vinta da Mainetto (Carlo) che però nasconde a tutti, dentro l’armatura, la propria identità e finito il torneo si dà alla fuga. Nei mesi successivi, in attesa che lo sconosciuto vincitore eventualmente si presenti a corte, Galerana, la quale sa che il vincitore del torneo è Mainetto per avergli essa stessa procurato l’armatura, viene messa al corrente della vera identità di Morando e di Carlo stesso e della necessità di tenerla celata. A quel punto Galerana si fa battezzare e si promette a Carlo.
Bramante, Re africano (supoi fratelli sono Agolante e Guarniere), casualmente edotto di quanto avviene in Spagna, per brama di potere e spirito di sopraffazione muove contro Saragozza pretendendo Galerana in sposa. Al rifiuto di lei, scatena un fido guerriero, Polinoro, che in rapida successione sfida e sconfigge, facendoli prigionieri, Galafro e i suoi tre figli e infine anche Morando che tenta invano di batterlo. E’ infine Mainetto (Carlo) che, fattosi nominare cavaliere dalla Regina, affronta e uccide Polinoro prima e lo stesso Bramante poi. Successivamente costringe alla resa anche Gualfrediano (altro guerriero africano inviato da Agolante in aiuto del fratello) il cui figlio, Ugieri, si lega a Carlo tanto da convertirsi al cristianesimo e restare con lui in Spagna.
Di lì a poco, avvertiti della crescente invidia dei figli di Galafro, Morando, Carlo, Ugieri e Galerana fuggono da Saragozza e raggiungono dapprima l’Italia (dove si ritrovano con Bernardo di Chiaramonte) e poi la Baviera (ove si allerta anche il duca Namo).
Costituito così un poderoso esercito, marciano su Parigi e la riconquistano dopo una furiosa battaglia nella quale Carlo uccide Lanfroi. Anche Olderigi viene giustiziato da Carlo che viene infine incoronato dal Papa Adriano Re di Francia col soprannome di Carlo Magno.
E’ qui, durante la battaglia e subito dopo assunti a cariche di rilievo, che entrano in scena i figli di Bernardo di Chiaramonte (personaggi le cui vicende diverranno centrali nel prosieguo della Storia): Ottone d’Inghilterra, Amone di Ardenna, Buovo di Agromonte, e soprattutto il conte Milone d’Anglante, il più valoroso, che viene nominato Capitano Generale (un altro figlio di Bernardo diverrà Papa col nome di Leone III)
Attorno a Carlo troviamo ancora, fra gli altri, Namo di Baviera, Ugieri d’Africa, Salamone di Bretagna e Morando di Riviera.
Si consolida, invece, un’inimicizia con Girardo da Frata che mal volentieri riconoscerà il potere di Carlo.
Dopo la sua incoronazione, infine, Carlo sposa Galerana.
La “Storia dei Paladini di Francia”, scritta e pubblicata da Giusto Lo Dico (un maestro elementare) a metà dell'Ottocento, divenne ben presto, e resta tuttora, la “Bibbia dei pupari”; il libro (la chiamavano anche soltanto così: “il libro”) che sistematizzava e metteva nero su bianco quello che fino ad allora era stato affidato esclusivamente alla tradizione orale dei cantastorie (più propriamente “cuntastorie” o “cuntisti”, persone, artisti a volte addirittura analfabeti!, che senza alcun ausilio scenico, sapevano raccontare le loro storie affascinando le piazze di paesi e città).
Nella “Storia” sono narrate le complicate, tortuose vicende che costituiscono il copione della più nota, amata e caratteristica rappresentazione dell'Opera dei pupi siciliani, quelle, per intenderci dei vari Orlando, Rinaldo, Angelica, Ruggiero e compagnia bella. D'altronde, il “pupo siciliano” si identifica col “paladino”.
È un’opera assai ponderosa (circa tremila pagine!) che inizia con la nascita e le primissime gesta di Carlo Magno e termina con la disfatta di Roncisvalle.
Fino agli anni '30-'40 i pupari la rappresentavano, sera dopo sera, nell'arco di un intero anno e il pubblico (un pubblico per lo più costituito dagli strati più poveri della popolazione) la seguiva con straordinaria, passionale partecipazione.
Oggi tutto questo è finito.
I pochi teatri ancora attivi inscenano spettacoli per un pubblico occasionale, per lo più turisti e scolaresche, sulla base di sceneggiature necessariamente adattate alla rappresentazione di un singolo, unico episodio.
A chi fosse curioso di saperne di più, o addirittura di conoscere “tutta” la storia, non resta che procurarsi (non senza qualche difficoltà) e leggere l'opera del Lo Dico.
È quello che sto facendo (introvabili o costosissime le edizioni antiche, ho acquistato i 13 volumi delle edizioni Clio a cura di Felice Cammarata).
Va detto, per sincerità, che la lettura della “Storia” è piuttosto faticosa.
Lo stile e il linguaggio sono ovviamente antiquati. I contenuti, specie per quanto attiene alle battaglie e ai duelli, risultano spesso ripetitivi. L’intrecciarsi delle vicende, la moltitudine impressionante di nomi, luoghi e personaggi, ne rendono difficile la memorizzazione sicché un lettore che voglia essere attento è più volte costretto a tornare indietro o almeno a ricercare nelle pagine precedenti gli elementi che gli consentano di riannodare i fili del discorso.
Un altro elemento caratterizzante la “Storia” è definibile in termini di “ingenuità”. Ne sono esempi lampanti la dimensione iperbolica (un eroe può affrontare e sconfiggere, da solo, centinaia di nemici), e quella soprannaturale (maghi e incantesimi intervengono di continuo). Di storia, nel vero senso della parola, ne resta dunque ben poca, e non è quindi azzardato assimilarla a una fiaba ipertrofica.
Ancora oggi, l'atteggiamento necessario per assistere e godere una rappresentazione dell’Opera dei Pupi è paragonabile a quello di un bambino, lasciandosi andare, cioè, a una regressione in cui, almeno per un’ora, ci si consenta la meraviglia di un’immersione nel fantastico.
Se quanto detto è vero, nel bene e nel male, non c’è da stupirsi se nel terzo millennio la “Storia” scivolerà definitivamente nell’oblio. Chi la leggerà più? Chi la racconterà? Resisteranno, se va bene, quei pochi frammenti che le sparute, singole compagnie continueranno a mettere in scena ripetitivamente per il pubblico dei turisti occasionali.
Nello spirito che anima questo blog (salvare quanto più è possibile il salvabile) mi son detto che forse varrebbe la pena provare a riassumerla, questa “Storia”. Un’impresa titanica, lo so, e di cui io per primo devo dubitare: per quanto riuscirò ad andare avanti? E cosa ne verrà fuori? Servirà? E a cosa?
Troppe domande… meglio cominciare subito!
Avvertenza: l'impaginazione automatica dei post è tale per cui, nell'ordine, troverete prima l'ultimo pubblicato e via via i precedenti. Numero i post in modo da facilitarne la lettura sequenziale
Nella “Storia” sono narrate le complicate, tortuose vicende che costituiscono il copione della più nota, amata e caratteristica rappresentazione dell'Opera dei pupi siciliani, quelle, per intenderci dei vari Orlando, Rinaldo, Angelica, Ruggiero e compagnia bella. D'altronde, il “pupo siciliano” si identifica col “paladino”.
È un’opera assai ponderosa (circa tremila pagine!) che inizia con la nascita e le primissime gesta di Carlo Magno e termina con la disfatta di Roncisvalle.
Fino agli anni '30-'40 i pupari la rappresentavano, sera dopo sera, nell'arco di un intero anno e il pubblico (un pubblico per lo più costituito dagli strati più poveri della popolazione) la seguiva con straordinaria, passionale partecipazione.
Oggi tutto questo è finito.
I pochi teatri ancora attivi inscenano spettacoli per un pubblico occasionale, per lo più turisti e scolaresche, sulla base di sceneggiature necessariamente adattate alla rappresentazione di un singolo, unico episodio.
A chi fosse curioso di saperne di più, o addirittura di conoscere “tutta” la storia, non resta che procurarsi (non senza qualche difficoltà) e leggere l'opera del Lo Dico.
È quello che sto facendo (introvabili o costosissime le edizioni antiche, ho acquistato i 13 volumi delle edizioni Clio a cura di Felice Cammarata).
Va detto, per sincerità, che la lettura della “Storia” è piuttosto faticosa.
Lo stile e il linguaggio sono ovviamente antiquati. I contenuti, specie per quanto attiene alle battaglie e ai duelli, risultano spesso ripetitivi. L’intrecciarsi delle vicende, la moltitudine impressionante di nomi, luoghi e personaggi, ne rendono difficile la memorizzazione sicché un lettore che voglia essere attento è più volte costretto a tornare indietro o almeno a ricercare nelle pagine precedenti gli elementi che gli consentano di riannodare i fili del discorso.
Un altro elemento caratterizzante la “Storia” è definibile in termini di “ingenuità”. Ne sono esempi lampanti la dimensione iperbolica (un eroe può affrontare e sconfiggere, da solo, centinaia di nemici), e quella soprannaturale (maghi e incantesimi intervengono di continuo). Di storia, nel vero senso della parola, ne resta dunque ben poca, e non è quindi azzardato assimilarla a una fiaba ipertrofica.
Ancora oggi, l'atteggiamento necessario per assistere e godere una rappresentazione dell’Opera dei Pupi è paragonabile a quello di un bambino, lasciandosi andare, cioè, a una regressione in cui, almeno per un’ora, ci si consenta la meraviglia di un’immersione nel fantastico.
Se quanto detto è vero, nel bene e nel male, non c’è da stupirsi se nel terzo millennio la “Storia” scivolerà definitivamente nell’oblio. Chi la leggerà più? Chi la racconterà? Resisteranno, se va bene, quei pochi frammenti che le sparute, singole compagnie continueranno a mettere in scena ripetitivamente per il pubblico dei turisti occasionali.
Nello spirito che anima questo blog (salvare quanto più è possibile il salvabile) mi son detto che forse varrebbe la pena provare a riassumerla, questa “Storia”. Un’impresa titanica, lo so, e di cui io per primo devo dubitare: per quanto riuscirò ad andare avanti? E cosa ne verrà fuori? Servirà? E a cosa?
Troppe domande… meglio cominciare subito!
Avvertenza: l'impaginazione automatica dei post è tale per cui, nell'ordine, troverete prima l'ultimo pubblicato e via via i precedenti. Numero i post in modo da facilitarne la lettura sequenziale
mercoledì 7 gennaio 2009
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Grazie per queste meravigliose storie.
RispondiEliminaIo ho trovato dei cunti di Mimmo Cuticchio in rete.
Un caro saluto.
mimmo mazzei